RIFLESSIONI SULLA REPUTAZIONE AZIENDALE
Fin dai tempi antichi l'uomo ha sempre tenuto conto della reputazione del singolo e della comunità.
Psicologicamente il grado di reputazione del singolo era ed è direttamente proporzionale al grado di stima, sentirsi accettati e rispettati all'interno della comunità/società.
I meccanismi di reputazione del singolo valgono anche per un'Organizzazione: il grado di reputazione equivale ad essere accettato (dagli stakeholder, in generale) e in particolare dal Cliente-Consumatore, quindi possiamo dire che la " reputazione è un elemento per generare valore all'interno dell'Organizzazione ".
Ad oggi, non c'è ancora una definizione univoca e condivisa scientificamente, sulla reputazione aziendale (corporate reputation) poiché viene vista, studiata, analizzata sotto diverse sfaccettature (p.e. nell'ambito della compliance può essere messa in relazione ad alcune fattispecie di reato, nell'ambito delle discipline economiche viene messa in relazione ai rischi strategici di business). Nonostante questo può essere ugualmente misurata utilizzando modelli che possono avere un approccio analitico generalista, o un approccio analitico specialista, oppure un approccio sintetico.
Qualsiasi sia l'angolazione con cui vediamo la reputazione aziendale la stessa evoca:
- persone
- percezioni
- relazioni
- comunicazione
Essendo un elemento multidimensionale e interdisciplinare diventa importante scomporla nei suoi elementi base al fine di individuare i punti di debolezza sui quali andare a lavorare.
La costruzione e/o il mantenimento della reputazione si collocano lungo una linea continua temporale nella quale vengono valutate le azioni messe in atto dall'Organizzazione.
È importante riflettere anche in merito alla connotazione negativa della reputazione, che diventa un'etichetta di cui è difficile liberarsi.
Psicologicamente è difficile ricredersi nei confronti di qualcuno (o di un'Organizzazione) che ha una reputazione negativa, nonostante vengano messi in atto e attuati comportamenti volti a suscitare valutazioni positive.
In linea generale si tende a ricordare molto di più i comportamenti negativi rispetto a quelli positivi.
Una cosa è certa: La reputazione è una risorsa, rara, intangibile, difficile da imitare, complessa e multidimensionale, il cui accumulo richiede molto tempo, è difficile da manipolare direttamente, il suo utilizzo é illimitato e non si deprezza usandola.
In un mercato sempre più competitivo, dove i clienti sono sempre più esigenti, il grado di reputazione può far la differenza con i propri competitor.
La tua Azienda è resiliente ?
Gli antichi connotavano il gesto di tentare di risalire sulle imbarcazioni rovesciate con il verbo resalio (resilienza).
Il termine " resilienza " è notoriamente utilizzato in metallurgia per indicare la capacità di un metallo di resistere a forti sollecitazioni impulsive. Da anni è in uso anche in psicologia per identificare la capacità di un individuo di far fronte, in maniera positiva, ad eventi traumatici.
La resilienza per un'Organizzazione è invece la capacità di Prevenire, Rispondere, Adattarsi e Riprendersi al verificarsi di eventi avversi che compromettono la capacità del business di fornire prodotti-servizi.
Il contrario di Resilienza è Fragilità - La Tua Organizzazione è resiliente o fragile?
Prenderti una pausa caffè, analizza per macro insiemi la Tua Azienda e datti la risposta.
Di seguito riporto un articolo pubblicato ai primi di febbraio dal BSI - http://www.bsigroup.com/it-IT/Chi-siamo/Media-Center/News--eventi/Rischio/ riguardante una ricerca commissionata dalla stessa BSI e recentemente rilasciata dall’EIU (Economist Intelligence Unit) sul grado di resilienza delle aziende nel mondo che riporto integralmente.
<< Solo un terzo degli intervistati (29%) è certo che la propria organizzazione abbia pratiche di resilienza completamente integrate nel proprio business e meno di metà (44%) prevede di metterle in atto nell’arco di tre anni. Questi sono i numeri, nonostante l’88% dei manager intervistati veda la capacità di resilienza come una priorità per la propria organizzazione e la ritenga indispensabile per una crescita nel lungo periodo (80%).
Lo studio “Organizational resilience: Building an enduring enterprise” evidenzia come le maggiori difficoltà nel raggiungere un’adeguata capacità di resilienza siano legate alla mancanza di consapevolezza e di conoscenza, allo scarso coinvolgimento della leadership e alla tendenza delle aziende a considerare gli eventi solo nel breve periodo. Resistenza culturale e visione “a silos” sono altri due fattori che creano punti di debolezza e colli di bottiglia all’interno dell’organizzazione. Il 39% dei dirigenti d’azienda sostiene di fare il possibile per assicurare le misure essenziali di resilienza: sicurezza delle informazioni, efficienza della supply chain e corporate governance.
Solo un’organizzazione europea su cinque (19%) è riuscita ad integrare pienamente processi di resilienza, mentre in Nord America la percentuale è del 37% e nella regione Asia Pacific del 34%. A livello mondiale un terzo (33%) delle organizzazioni ha processi di resilienza integrati nelle attività di business, di cui un quarto (26%) con ricavi inferiori a 500 milioni di dollari. Sono infatti le aziende più piccole quelle che fanno più fatica ad implementare processi di resilienza, a causa della mancanza di tale cultura, mentre le aziende di vaste dimensioni denunciano problemi di ordine economico e difficoltà ad investire in attività di disaster recovering.
Significativo è il fatto che organizzazioni “storiche”, sul mercato da diverse decine di anni, vedono una stretta connessione tra resilienza e crescita a lungo termine.
Il report definisce la resilienza come il motore del successo aziendale, perché evitare guasti operativi rappresenta un importante fattore strategico. Il 61% degli intervistati ritiene che la capacità di resilienza sia un vantaggio competitivo e vede un legame molto forte tra gli investimenti in questo campo e le performance finanziarie a lungo termine.
La vera resilienza viene dalla capacità di adattamento della strategia aziendale in tutti gli aspetti del business. Howard Kerr, Chief Executive di BSI commenta:"Trovarsi oggi in un mondo in continua evoluzione e in rapido movimento richiede alle aziende di essere agili, robuste e adattabili per superare la prova del tempo. Il fatto che due intervistati su tre ritengano che le proprie organizzazioni possano fallire questa prova, dimostra quanto queste strutture aziendali siano fragili e vulnerabili. Ciò è ulteriormente rafforzato da esempi di alto profilo che appaiono regolarmente in tutto il mondo".
Il report identifica sei caratteristiche chiave delle organizzazioni resilienti:
- Approccio proattivo - adattarsi prima di essere costretti a farlo
- Leadership - il supporto di tutta l’organizzazione, a partire dal CEO nell’implementazione dei processi di resilienza
- Risposta ai cambiamenti - capacità di interpretare le richieste del mercato
- Forte cultura aziendale - inclusività e riconoscimento delle responsabilità e del contributo di ognuno al business
- Focus - una visione chiara di obiettivi e identità
- Visione a lungo termine - non limitarsi a soddisfare soltanto obiettivi finanziari di breve periodo
Victoria Tuomisto, autrice del report dell’EIU conclude: "L'apparente divario tra l'intenzione e l'azione di approccio delle aziende verso la resilienza suggerisce che le imprese si trovano ad affrontare una serie di sfide nell’integrazione di tali processi in un mercato mutevole e vario. Ma un’organizzazione resiliente per definizione - conclude - è quella che è sempre in movimento e che si adatta: non c'è mai un 'traguardo' quando si tratta di attuare una politica di resilienza " >>
Sei riuscito a stabilire se la Tua Azienda è tendenzialmente resiliente o fragile ?
Nel caso Tu abbia curiosità o necessità di approfondire l'argomento mi puoi contattare.
Ti lascio con una metafora che ben sintetizza lo stato attuale della Resilienza Organizzativa
Tutti gli organismi viventi, di fronte agli stimoli ambientali, si adattano o muoiono: gli unici che contemplano una terza possibilità, quella di auto-commiserarsi, sono gli esseri umani. (di P. Trabucchi - psicologo sport estremi)
Formazione 2016 su Business Continuity
Appuntamento per il mese di marzo con l'edizione del " Corso base in Business Continuity: progettare la continuità nei processi produttivi " in calendario per il 23-24-25 marzo 2016 che sarà realizzata presso la sede di Proxyma a Vicenza.
L'obiettivo del corso è quello di fornire gli elementi base necessari per strutturare un modello organizzativo (con riferimento alle best practice del Business Continuity Institute e le normative della famiglia ISO 22300) che tenga conto dei processi, della loro iterazione, delle risorse, dei rischi connessi alle interruzioni, rispetto alle strategie e agli obiettivi aziendali.
Durante il corso verrà svolto un caso di studio guidato che consentirà al partecipante di mettere subito in pratica i principi illustrati durante le spiegazioni teoriche.
A conclusione del corso il partecipante sarà in grado di impostare un sistema di continuità operativa secondo la norma ISO 22301 e le indicazioni delle best practice del Business Continuity Institute.
Il corso è rivolto a Risk Manager, IT Manager, Business Continuity Manager, Responsabili Sicurezza, Process Owner, Quality Manager.
Per dettagli sul programma e scheda di iscrizione cliccare qui: http://proxyma.it/servizi/corsi.php